Under 9: Il dilemma di Furetto

07-11-2021

Genitori! Alzi la mano chi fra voi ha sentito vostro figlio arrivare a casa ieri sera dopo la festa del rugby che c’è stata al nostro campo e dire “Oggi le abbiamo perse tutte!”. Siamo in tanti vero? A proposito di mani però, metto avanti entrambe le mie per confortarvi: non sarà questo un articolo su “L’importante è partecipare”, promesso.

Anche perché, diciamolo pure, il principio di questo sport è fare più punti degli altri, quindi vincere, quindi sui nostri campi non troverete mai persone che diranno “andiamo a partecipare!”.

Semmai, andiamo a giocare.

Così vi racconto cosa ho imparato ieri, mentre vedevo i nostri figli giocare.

La prima cosa che ho imparato è che SimoRock, che chiamo così per distinguerlo da SimoNutella (l’omonimia è il vero dramma degli allenatori), quando se la sente, fa una capriola. E sapete quando se la sente? Per esempio quando si fa o si subisce una meta. Certe volte anche quando non succede niente, perché far la capriola sul campo è la cosa più bella che ti può capitare in una giornata di sole.

E che sole c’era ieri!

La seconda cosa è che Furetto ha capito che le squadre che avevamo fatto avevano dentro sia i bimbi che hanno qualità già affermate, sia quelli che al momento una collocazione sul campo ancora non la trovano. Per via di questo, vincere è complicato, e allora Furetto appariva un filo disperato, ed ha continuato a rotolarsi per terra lamentando il fatto che eravamo scarsi.

Siamo scarsi, e via a rotolare, siamo scarsi, e un’altra rotolata.

Come i canti dei monaci tibetani.

La terza cosa che ho imparato è che una mamma ieri ha battuto il record di asciugatura capelli. Uno da le cose per scontate, ma non lo sono. I capelli dei bimbi non si asciugano da soli e c’è sempre qualcuno che usando uno dei tre phon attaccati alla corrente, come fossero pistole dei Ghostbusters, asciuga i capelli evitando raffreddori e malanni.

Un grazie grande così per il supporto!

Infine, l’ultima cosa che ho imparato è che sul campo, solo di under 9, avevamo trenta bambini. Trenta futuri adulti che hanno dovuto (e dovranno) fronteggiare un dilemma più grosso di loro: voglio fare la meta, ma di fronte ho tutti gli avversari. Ci sono volte in cui il piano funziona alla perfezione, magari perché sono abbastanza lesti e veloci da cogliere di sorpresa tutti, ma il più delle volte succede che ti prende uno, ti prende l’altro, poi un terzo (i grovigli di bambini sono una prerogativa del minirugby) e finisci a terra.

E il piano va in fumo.

Il senso di quello che facciamo, del ringraziare il cielo perché è lunedì e finalmente al lavoro ci si riesce a riposare, è tutto in quella parola che gli diciamo dopo che finiscono col muso per terra: alzati!

Come a dire, guarda che il mondo è nelle tue mani.

Come a dire, perdere è parte del gioco, ma non significa smettere di giocare.

Come a dire, cadere è normale.

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RaSca