Under 9: Qualche anno fa…

08-05-2022

La cosa incredibile delle domeniche di mini rugby è che, anche se vai a Seregno, alla fine ti senti a casa.

Non parlo del campo, quello no. Qualcuno ho rischiato di perderlo nell’erba alta. Solfamì e Titti mi son girato e non c’erano più, poi li ho ritrovati.

Poi sai, fintanto che l’erba alta è un impiccio solo a muoverti allora ci passi sopra (letteralmente), ma quando poi ho visto Cliffhanger a bordo campo ed ho chiesto a Marchino “Ma che fa?”, lui mi ha risposto “È pieno di bolle, sta prendendo l’antistaminico dalla mamma”, ah dico, “ed a cosa è allergico?”.

“Alle graminacee”, mi dice, e allora guardo per terra:

“Apposto”, penso.

NOTA: Cliffhanger dopo l’antistaminico era  a postissimo ed ha finito il torneo tutto contento.

Quindi no, il campo no, ma il resto sì.

Le facce… Alla fine di una stagione le conosci tutte, anche quelle degli avversari, che poi sono il più delle volte amici che non vedi da tanto tempo.

Prendi quel ragazzo che c’era a bordo campo col foglio in mano, “l’addetto di campo”. Lo guardo, lo riguardo… Poi mi si accende la lampadina: “ma te sei il Simone?”. Sì, mi dice. Così ritorno a qualche anno fa. Più di dieci per la verità. Campo di Rho, io che alleno l’under 6. Nanerottoli impossibili da contenere, e tra questi uno la cui faccia ho rivisto ieri, il piccolo Simo. Solo che adesso è alto come me, e mi ha detto “Forse mi ricordo, tu mi allenavi?”.

Ero io, porta pazienza con un vecchio.

Ma andiamo alle partite. Tre squadre, sette bimbi ciascuna, han giocato tutti cinque partite. È tanto eh, pensate che alla fine hanno fatto il terzo tempo e quasi stavano seduti cinque minuti e trenta secondi prima di tornare a rincorrersi, calciare e… Giocare.

Partiti un pochino a rilento, le prime partite di tutte le squadre non sono andate benissimo, il gioco è andato in crescendo, e qualche bimbetto si è tolto anche la soddisfazione di esser riuscito a fare una meta, un placcaggio, un’azione nella quale è stato di aiuto al compagno per segnare.

Ma fidatevi, per questi scatenati qua fortunatamente il risultato è l’ultimo dei problemi.

Importa di più il contorno, lo stare insieme, “Guarda ho il tuo numero” mi dice Legolas, e come lo sa che è il mio numero quello non lo riesco a capire.

“Guarda io ho l’otto! ” proprio come Kieran Reed, e cavolo se te lo meriti!

Adam non lo so che numero ha, ma ride felice, magari si ricorderà di questo debutto.

Danny boy poi è tutto contento perché ha il numero che usava suo padre. Si guarda con Tempesta e finiamo per farci una foto tutti e quattro assieme perché, sempre dieci anni fa, quelle maglie lì ce le avevamo su noi.

Sempre con l’omino stilizzato nello scudetto, sempre su un campo su cui c’era da lottare, ma che alla fine sentivi casa, come a dire famiglia.

RaSca